Psicologia

La vista del mondo
e dentro di sé

Disabilità visive e psicologia.

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Dott.ssa Gabriella De Simone

Psicologa e Psicoterapeuta

Psicologa e Psicoterapeuta Sistemico Relazionale. Da diversi anni si occupa di difficoltà legate al corpo e all'alimentazione. Inoltre, ha maturato diversi anni di lavoro nell'area LGBTQ+ e, in più generale, nello sviluppo dell'identità sessualità. Esperienza sviluppata per tanti anni presso l'Università Federico II di Napoli attraverso l'attività clinica e la ricerca scientifica. Da molti anni si dedica al lavoro clinico, vis a vis e online, con individui, coppie e famiglie.

La disabilità visiva è una condizione che, in base alla sua gravità, ha importanti conseguenze sullo stile di vita concreto e psicologico dell’individuo, soprattutto quando la patologia visiva insorge nel tempo, come nel caso del glaucoma. Problemi visivi, sorti in seguito ad un trauma, ad un incidente o ad una malattia provocano improvvisamente un cambiamento netto nella vita dell’individuo. Le conseguenze emergono sia da un punto di vista psicologico ed emotivo, compromettendo l’autostima, il potere individuale percepito, la sicurezza personale e l’identità, con conseguenti difficoltà di adattamento; sia da un punto di vista concreto, modificando l’orientamento e la mobilità dell’individuo, la capacità di riconoscimento e di comprensione del mondo circostante, le capacità di lettura e scrittura, ecc.

Situazioni di disabilità visiva potrebbero, quindi, avere conseguenze psicologiche come depressione, ansia, attacchi di panico, fobie, somatizzazioni, cioè problemi somatici espressi da dolore fisico. Per tale motivo, sembra essere essenziale un supporto psicoterapico per la persona che vive un importante momento di cambiamento come questo. Uno spazio di sostegno psichico e morale, un “luogo” caldo e sicuro dove è possibile ricevere un aiuto ad elaborare, assimilare e integrare la perdita (totale o parziale della vista), puntando l’attenzione sulle risorse presenti e sulle potenzialità dell’individuo. Un aspetto positivo può proprio essere quello di accentuare la vista del proprio mondo interno, di intraprendere un cammino dentro di sé, dove gli occhi possono essere anche chiusi.

Un altro aspetto importante è dato dal potenziamento delle altre modalità sensoriali (uditiva, tattile e olfattiva). Si potrebbe pensare che, l’uso della vista nelle persone ipovedenti venga sminuito dall’utilizzo concomitante di altre modalità sensoriali, in realtà è il contrario. Un percorso con un professionista esperto potrebbe aiutare la persona a comprendere ciò e a divenire più competenti nell’utilizzo degli altri canali sensoriali.

La perdita parziale o totale della vista, inoltre, ha conseguenze differenti nelle varie fasi della vita. Sicuramente complesso, anche se più comune, nella terza età. Specifiche conseguenze si hanno nella fase infantile/adolescenziale, momento in cui vi sono molte trasformazioni corporee, dove il ragazzo cerca di conoscere e affermarsi nel mondo, fase in cui nascono i primi rapporti amicali e sentimentali, in cui si sperimenta la sessualità.

Ancora diverso è l’impatto della disabilità visiva in età adulta. Due aree specifiche che vengo spesso fortemente colpite sono: quella lavorativa e quella familiare.

In alcune famiglie, specialmente quando il problema è sorto dopo la costituzione della famiglia, il soggetto viene trattato secondo un assunto implicito di inabilità emotiva e familiare. Può accadere che la persona si trova esclusa anche da ruoli (nella coppia o genitoriali) e responsabilità che potrebbe continuare a mantenere nonostante la sopravvenuta disabilità della vista. Altre volte, invece, la famiglia potrebbe negare le difficoltà direttamente connesse al deficit visivo, non mostrare interesse verso l’acquisizione di abilità più appropriate alla situazione, rifiutando strumenti ed ausili specifici come quelli alla lettoscrittura ed alla mobilità autonoma.

Lo psicologo clinico, ancor meglio un terapeuta familiare, può avere l’obiettivo di aiutare la persona prima di tutto a comprendere quali sono le dinamiche con le quali la famiglia ha reagito alla disabilità. In seguito, la terapia potrebbe supportare la persona a “disinnescare” gli atteggiamenti attivati dai familiari, riappropriandosi di quei ruoli che una volta gli competevano, restituendo a ciascuno il proprio, così da raggiungere un equilibrio nuovo e migliore. Ciò è sicuramente facilitato dalla possibilità di fare anche delle consulenze familiari.

Molto spesso l’utilizzo degli strumenti e degli ausili per le persone con disabilità visiva sono rifiutati anche dal soggetto stesso, oltre che dalla famiglia. In alcune circostanze possono essere anche visti come un ostacolo nell’ambito lavorativo. Questi ausili sono quasi sempre visibili, quindi la persona, per utilizzarli, dovrà accettare di mostrarsi socialmente secondo una nuova immagine. In ragione di ciò, spesso la persona con tale difficoltà è caratterizzata da emozioni di vergogna e spesso dalla dimensione del segreto. Lo psicologo, in un contesto di psicoterapia individuale, può aiutare la persona a confrontarsi con tali vissuti con l’intento di raggiungere un nuovo adattamento ed una migliore qualità della vita.

Domenico è un uomo di 39 anni che richiede un percorso terapeutico in seguito ad una diagnosi di glaucoma e alla perdita della vista dell’occhio destro. Arriva in terapia raccontando subito il suo trauma ed esplicitando un forte malessere dovuto alla trasformazione immediata che ha subito. Emerge subito il tema dell’impotenza, dell’assenza di controllo e della bassa autostima. Nel racconto sembra evidenziarsi una certa sicurezza nell’ambito lavorativo poiché Domenico ha sempre lavorato telefonicamente nell’ambito dell’assistenza clienti. A creare forti malesseri sono soprattutto due aspetti: sintomi fisici comparsi successivamente (mal di testa forti e frequenti, svenimenti e nausee) e difficoltà relazionali con la moglie. Domenico si è sentito, da un lato improvvisamente più debole, dall’altro inutile per sua moglie e il suo bimbo di 4 anni, poiché totalmente escluso dalle responsabilità che prima erano equamente suddivise. Il lavoro ha visto prima una ridefinizione di sé, un nuovo adattamento anche fisico (postura, adattamento delle luci ecc), il potenziamento di risorse che prima erano poco valorizzate, nonché un lavoro sinergico con un neurologo. In un secondo momento abbiamo svolto sei consulenze di coppia permettendo la comunicazione e il ribilanciamento tra i partner.