L'Esperto Risponde

Intervista alla Prof.ssa Maria Rosaria Monsurrò

Analizziamo le cefalee

condividi

Maria Rosaria Monsurrò

Specialista in Neurologia

Maria Rosaria Monsurrò specialista in Neurologia dal 1982. Docente di Neurologia nella Seconda Università di Napoli, poi Università Vanvitelli, fino ad agosto 2018. La sua attività di ricerca è stata sempre dedicata alle malattie neuromuscolari rare, in particolare alla Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA). Nell’attività clinica, tuttavia, ha seguito per oltre 40 anni, sia in ambulatorio che in reparto, tutte le patologie neurologiche. Il suo sogno nel cassetto è di poter riuscire a vedere applicata una terapia efficace per la SLA.

Comunemente usiamo il termine “mal di testa”, ma in realtà sono diverse le problematiche. Può spiegarci quali sono e che caratteristiche hanno?

Il “mal di testa”, o meglio cefalea, è un grande contenitore che contiene forme diverse, che derivano da cause diverse. Innanzitutto, dobbiamo differenziare le cefalee primarie da quelle secondarie. Queste ultime possono essere correlate a masse intracraniche (tumori, malformazioni vascolari, emorragie, ascessi, etc.) oppure a problemi metabolici (anemia, disturbi idrosalini o ormonali etc.). Ma credo che qui convenga focalizzarci sulle cefalee primarie. Esse sono una patologia ad alta incidenza, e rappresentano la prima causa di assenza al lavoro, per cui devono essere considerate un vero e proprio problema socio-sanitario, per non dire socio-economico.

Quali sono le cefalee primarie e quali le loro cause?

Le principali cefalee primarie sono l’Emicrania (senza e con aura), la Cefalea tensiva, la Cefalea a grappolo.

L’Emicrania è una cefalea caratterizzata da dolore pulsante prevalentemente unilaterale, che tende a peggiorare con il movimento e con gli sforzi fisici, e che può accompagnarsi a fenomeni neurovegetativi come nausea e vomito, e a fotofobia (intolleranza alla luce), fonofobia (intolleranza ai rumori), osmofobia (intolleranza agli odori). Talora l’emicrania è preceduta da un’aura (offuscamento o distorsione visivi, difficoltà di linguaggio, formicolii), cui segue la cefalea pulsante.

Ciò è dovuto a un vasospasmo cerebrale rapido, ovvero ad un restringimento delle arterie, seguito da un prolungato rilassamento dei vasi sanguigni. Proprio per questo meccanismo vasomotorio, l’emicrania con aura viene considerata un fattore di rischio vascolare. Possiamo asserire che l’emicrania è nettamente prevalente nel sesso femminile.

La Cefalea tensiva, invece, è un mal di testa gravativo, come un peso o come un casco. Deriva per lo più da una condizione di stress e ansia, o da cattiva postura cervicale, è in genere persistente e spesso cronicizza. È leggermente prevalente nel genere femminile.

La Cefalea a grappolo, infine, è una forma di mal di testa molto invalidante, che si presenta con i sintomi di un’emicrania ricca di fenomeni come nausea e vomito, fotofobia, fonofobia e osmofobia in maniera ripetitiva. Si realizza quindi un cluster (grappolo), che dura settimane o mesi, intervallati da periodi di remissione anche di anni. Prevale nel sesso maschile. Non è ancora chiarita la causa. Sembra che alla base ci sia una disfunzione dell’ipotalamo, una struttura del cervello implicata nel ritmo sonno-veglia e nelle funzioni neuro-vegetative.

Si può parlare di eredità genetica?

Per l’emicrania, soprattutto quella con aura, e per la cefalea a grappolo, si moltiplicano le evidenze scientifiche di una ereditarietà. Le alterazioni genetiche alla base di ciò sono complesse, e non univoche. Esse certamente costituiscono una possibile causa sulla quale giocano un ruolo importante fattori ambientali.

Ci sono degli accorgimenti da mettere in pratica nella vita quotidiana per prevenire il mal di testa?

Bisogna cercare di comprendere i fattori scatenanti per evitarli o possibilmente gestirli. Essi sono molteplici, spesso sovrapposti tra loro: variazioni ormonali femminili, stress, luci intense o lampeggianti, odori e profumi, rumori, modifiche nel ciclo sonno-veglia, sbalzi termici, attività fisica intensa, alcuni farmaci, sostanze d’abuso, intolleranze alimentari, bruxismo, alcuni alimenti (i più comuni sono alcol, formaggi stagionati, cioccolato, frutta secca, etc.).

Quali possono essere le cure?

Distinguiamo trattamenti per l’attacco e trattamenti di prevenzione, questi ultimi da attuare con continuità, magari ciclicamente. La prevenzione o profilassi è opportuna quando gli attacchi sono intensi e frequenti. Perciò è molto utile compilare il diario della cefalea. Nell’attacco si usano antidolorifici e antinfiammatori, nonché antiemetici e talora il cortisone. Nell’ attacco emicranico i triptani sono specifici, anche se non sempre ben tollerati. La profilassi dell’emicrania si avvale di vari prodotti, dal magnesio a calcio-antagonisti ad alcuni antiepilettici. La profilassi della cefalea tensiva prevede miorilassanti, ansiolitici e antidepressivi. La profilassi della cefalea a grappolo si può fare con i sali di litio e altri neuromodulatori. Naturalmente l’azione sugli stili di vita rappresenta la profilassi fondamentale.

Nelle forme più resistenti, negli ultimi tempi è possibile essere sottoposti, in strutture qualificate, a trattamenti innovativi come la tossina botulinica o gli anticorpi monoclonali.

Ci racconta un caso interessante e che ha avuto una buona evoluzione?

Voglio ricordare un caso fortunato, anche perché mi consente di sottolineare l’importanza di una diagnosi accurata, non superficiale, che contempli sempre l’utilizzo delle neuroimmagini. Quando si affronta il problema di una cefalea, le neuroimmagini sono indispensabili per una attenta diagnosi differenziale. Le sorprese sono sempre dietro l’angolo. Ho seguito una giovane donna con emicrania classica, senz’aura, che nel tempo diventava sempre più frequente. L’esame neurologico era normale. La RM + ANGIO encefalica, tuttavia, mostrò un aneurisma in un’arteria cerebrale, responsabile della cefalea pulsante periodica. Naturalmente sappiamo che un aneurisma è a rischio di rottura, con conseguenze spesso disastrose. La ragazza invece poté essere sottoposta a trombizzazione dell’aneurisma per via endocanalare, senza un intervento neurochirurgico (cioè attraverso una sottile sonda che attraverso l’albero circolatorio arriva al punto da embolizzare), risolvendo non solo il sintomo emicrania ma anche un rischio emorragico rilevante per il suo futuro.