L'Intervista

Prof. Bassetti: investire in informazione, prevenzione ed innovazione tecnologica

Med influencer per avvicinare il mondo della medicina alla gente

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Matteo Bassetti

Infettivologo

Professore di malattie infettive dell’Università di Genova e Direttore della Clinica Malattie Infettive, Ospedale Policlinico San Martino di Genova è divenuto volto familiare negli anni della pandemia con i suoi interventi sulla tematica covid ed ancora oggi è molto presente soprattutto sui social tanto da essere risultato il primo med social.

Professore, come vede questo suo nuovo ruolo da med social?

Credo di essere sufficientemente competente per poter parlare di un argomento di cui parlano tanti, che competenza non ne hanno. Con il covid è aumentata nella gente la voglia di sapere, conoscere di medicina e scienza ed in questo avverto la responsabilità di svolgere anche questo ruolo. La gente non deve vedere il medico come un’entità astratta, che sta su un piedistallo, ma come l’amico della porta accanto a cui fare anche domande “stupide”.

Considerando anche i rischi di fake news, non sempre facilmente individuabili, soprattutto ai non addetti ai lavori, quanto ritiene sia importante aver portato la medicina sui social?

Bisogna stare attenti perché in rete manca ogni tipo di filtro e tutela da possibili fake news, per cui chiunque, anche senza alcuna competenza può scrivere e dire cose inesatte, rischiando di poter fare danno a chi li segue.
La spunta blu è una sorta di garanzia di qualità, ma non basta è necessario quanto prima inserire una regolamentazione così da non correre il rischio di farci governare noi da una rete incontrollata, come accade attualmente. Intanto, però, spero che molti altri miei colleghi si affaccino al web per dare le informazioni giuste ed evitare che le fake news possano fare danni. Ritengo sia un nostro dovere e non va affatto vista come un’accezione negativa la presenza di noi medici sui social, anche se ancora in tanti sono restii. I social sono parte della nostra vita, tutti vi trascorrono ore e per questo credo serva essere presenti e dare informazioni chiare e corrette. Noi professori universitari di medicina abbiamo tre compiti: assistenza, didattica e ricerca, ma ne abbiamo anche un quarto che rappresenta la nostra “terza missione”: avere la capacità e la possibilità di parlare al grande pubblico. Per cui quello che una volta facevamo con le conferenze nelle scuole, intervenendo in un programma televisivo o su un giornale oggi lo si fa anche parlando sui social. Con un post su Instagram o Facebook si raggiungono velocemente centinaia di migliaia di persone, ed è quindi incredibile quello che si può fare a livello di informazione, e di formazione; rappresenta inoltre un modo efficace per avvicinare il mondo della medicina alla gente.

Questo nuovo ruolo social, che si somma ai numerosi impegni professionali preesistenti, come si iscrive nella sua vita personale?

Naturalmente porta via ulteriore tempo. La mia vita è abbastanza fitta, sono professore universitario, faccio il direttore della clinica e sono tutti i giorni in ospedale, a dispetto di quanto qualcuno dica, e sono anche divulgatore scientifico. Al momento riesco a farlo, anche se è chiaro che del tempo viene anche sottratto alla famiglia e ai miei hobby, ma sono certo che è molto importante questo mio ulteriore impegno.

La salute con il COVID ha conosciuto nuove metodologie di visita come la telemedicina o il telemonitoraggio. Secondo lei è utile una fusione/coesistenza tra queste nuove metodologie e la classica visita medico/paziente?

Certamente, anzi credo che debba implementarsi sempre più. La telemedicina e il tele consulto durante il covid sono stati importantissimi, ma sembra ce ne siamo già dimenticati. Penso, ad esempio, a quanto possa risultare utile ricorrere al teleconsulto per una persona anziana che anziché recarsi in un ospedale per fare una visita specialistica possa tranquillamente fare un teleconsulto affiancato dal medico di medicina generale che può visitarlo e fare da tramite con lo specialista. Questo strumento potrebbe essere molto utile anche per velocizzare le liste di attesa. Confido che in futuro ci sia un maggiore investimento in tutta quella che è la parte moderna della medicina.
C’è tanto da fare, il nostro paese è molto indietro, anche sotto l’aspetto tecnologico basti pensare al fascicolo sanitario, oggi rigorosamente cartaceo, mentre se ci fosse un fascicolo sanitario elettronico caricato all’interno della carta d’identità o della tessera sanitaria, chiunque medico avrebbe accesso immediato a tutte le informazioni così come altrettanto utile sarebbe l’anagrafe vaccinale elettronica. Bisogna sicuramente fare di più e credo che bisognerebbe cogliere l’opportunità dei fondi del PNRR per favorire questa sempre più pressante esigenza di innovazione tecnologica.

In occasione della giornata mondiale contro l’AIDS l’Istituto Superiore di Sanità ha rivelato che l’incidenza delle nuove diagnosi di infezione da HIV e numero di casi di AIDS negli ultimi 4 anni, sono generalmente stabili. Tuttavia, per circa il 35% delle nuove diagnosi di sieropositività all’HIV il successo delle terapie è fortemente compromesso dal ritardo con cui le persone decidono di sottoporsi al test. Cosa si sente di dire soprattutto ai giovani?

Meno diagnosi e diagnosi tardive sono il frutto della disinformazione e della scarsa prevenzione. Inoltre in questi anni di pandemia si è erroneamente ritenuto che l’unica cosa a cui badare fosse non prendere il covid, ma non è affatto così ed ora ci troviamo quindi a dover recuperare il tempo perso, anche in informazione. Credo, inoltre, che si debba tornare nelle scuole a fare educazione sessuale, dicendo chiaramente che fare l’amore con un’altra persona senza l’uso del preservativo può provocare l’aids come le tante altre malattie sessualmente trasmissibili. è giunto il momento di una maggiore informazione, di parlare di più di tutte le possibili patologie e rischi esistenti e di quanto importante sia la prevenzione.

In un suo intervento in commissione salute in Senato si è chiaramente esposto a sostegno dei vaccini, a differenza di tanti suoi colleghi che assumono una posizione contraria, soprattutto pediatri. Considerando, inoltre, che non sono mancati casi di effetti collaterali ci può spiegare il perché della sua posizione?

È molto semplice: un medico che oggi è contro i vaccini e quindi non vaccina se stesso e non propone di vaccinare i propri pazienti è un medico che non deve fare il medico, io sono profondamente contrario alla riammissione dei medici. Credo che oggi non riconoscere i benefici dei vaccini sia assurdo, al contempo sappiamo che i vaccini, come tutti i farmaci, anche quelli non prescrivibili dai medici, hanno degli effetti collaterali.

In tema di vaccini Covid, oggi secondo lei chi deve effettuare altri richiami?

Lo consiglio unicamente a chi ha più di sessantacinque anni e alle persone fragili perchè sono gli unici che ancora oggi possono avere qualche problema anche con le nuove varianti.

Con gennaio l’influenza raggiungerà il suo picco e naturalmente aumenterà anche l’ansia legata ai contagi COVID, lei come consiglia di gestire le due cose?

Innanzitutto dovremmo mandare al macero i tamponi. Ci sono troppi tamponi in giro, andrebbero eseguiti solo su prescrizione medica. Abbiamo gestito molto bene tutte le forme influenzali senza bisogno di avere i tamponi a casa. Se si hanno sintomi influenzali, come febbre, tosse, mal di gola si sta a casa e ci si cura con i rimedi che conosciamo: fondamentalmente farmaci sintomatici. Alla scomparsa dei sintomi dopo un paio di giorni si riprende la vita ordinaria.

L’auspicio è quindi che possa davvero ottimizzarsi quanto con il covid la medicina ha riscoperto e si possa sempre più investire per la salute di tutti.