Il professore pugliese Vincenzo Schettini ha raggiunto migliaia di followers ed iscritti al suo canale You Tube “La fisica che ci piace” dove fornisce spiegazioni non solo di fisica, ma anche di altre materie, ed inoltre con i suoi video lancia tips importanti per l’approccio allo studio, ma anche per tematiche più ampie.
Professore come è nata questa idea? Lei è anche musicista, ma ha deciso di approdare sui social con una materia considerata anche ostica come la fisica, come mai?
Ho scelto la fisica perché ha un linguaggio fortemente creativo, contrariamente a quello che si pensa, e grazie al fatto di essere musicista sono riuscito a creare qualcosa che avesse una risonanza particolare ed avesse lo stesso appeal di un messaggio musicale. E l’esperimento sembra sia riuscito.
Dai suoi video traspare una voglia di tendere la mano, consigliare, indirizzare i ragazzi non solo al “sapere e alla conoscenza”, ma anche a tematiche importanti, come è maturata questa scelta di andare oltre la fisica?
Quando ho creato la rubrica “il video del venerdì” all’inizio condividevo idee, discussioni che non riguardavano la fisica, ma volevo raccontare soprattutto la mia passione per l’inglese, poi si è trasformato in un ascoltare i messaggi che arrivavano dai ragazzi e mi chiedevano consigli sugli argomenti più vari come la scelta della facoltà o su come superare la solitudine. Come insegnante ho sentito il dovere di assecondare le loro richieste e rispondere alle loro esigenze, dedicando a queste tematiche i video del venerdì!.
La scuola secondo lei oltre ad insegnare “il sapere” deve essere veicolo di informazione sulle tematiche della vita di tutti i giorni come l’educazione sessuale, uno stile di vita sano…?
Nell’antica Grecia quando Socrate faceva le sue lezioni ai discepoli lui non solo trasmetteva il sapere ma insegnava anche la vita, il filosofo era questo. Oggi si è rilegato il ruolo del professore al solo insegnamento della propria materia ma è indispensabile che ogni insegnante si riappropri del proprio mestiere e attraverso il proprio vissuto, la propria personalità insegni agli studenti a vivere, a trovare le vie da percorrere per diventare persone migliori, perché essere una persona migliore significa anche spendere meglio la propria cultura.
Come aiutare i ragazzi oggi ad appassionarsi a più cose, ad impegnarsi su più fronti e diventare parte attiva della propria vita?
Entrando in comunicazione con loro, questa è una mia caratteristica, non condivido infatti quando mi si dice che parlo il loro linguaggio, piuttosto riesco a comunicare con loro e quindi loro si fidano e mi dicono “dammi tutto quello che puoi”. A volte negli incontri che faccio con i giovani mi dicono che è bello avere una parola di conforto dagli adulti ed è questo che alla fine loro cercano.
Lei insegna anche a scuola, secondo lei c’è qualcosa che andrebbe modificato?
Secondo me la scuola è ancora troppo “centrocratica”, mi spiego: dipendiamo ancora troppo dal Ministero, mentre invece sarebbe opportuno dare agli insegnanti una maggiore libertà e responsabilità di fare il loro mestiere liberamente, senza essere vincolati a un programma standard, a tante carte da riempire che portano frustrazione e diminuisce la voglia di fare le cose. L’insegnante è un professionista che andrebbe pagato meglio assumendosi il rischio del licenziamento se non si adempie bene al proprio dovere. Deve essere elastico e capace ad intercettare i bisogni dei propri studenti e calibrare anche il programma in base alla classe che ha di fronte.
La scuola oggi adempie anche al ruolo di benessere psico-fisico dei suoi alunni?
Non sono un dirigente e quindi non ho uno sguardo a trecentosessanta gradi delle attività che si fanno a scuola, ma mi rendo conto che si fanno tanti Pon che riguardano la salute. C’è molta attenzione oggi rispetto al passato alla cura della persona fisica e psicologica con tante attività, vengono spesso chiamati esperti esterni come nutrizionisti, psicologi e questa è una cosa bellissima che credo sia molto utile, peccato non esistesse quando andavo io a scuola.
Tanto odio sui social, anche lei recentemente si è soffermato sulle offese che riceve dai suoi colleghi, persone che rivestono un ruolo importante, quello di educatori, è riuscito a darsi una spiegazione del perché accada ciò?
Questa è una domanda che dovrebbe fare a loro, sono rimasto molto male. Rimango senza parole di fronte ai tantissimi messaggi inviatimi. E da un educatore ancora di più non te l’aspetti.
Secondo lei i social, ovvero alcuni film o testi di canzoni possono considerarsi fautori di questo dilagare di mancanza di rispetto, comprensione, solidarietà che esiste nei giovani?
I ragazzi non è vero che sono maleducati, l’unico problema che sussiste oggi è che quando succede qualcosa di brutto nella scuola, come accadeva anche prima, viene amplificato dai social, mentre le cose belle che succedono nella scuola non sono amplificate dai social.
Questa generazione è però sicuramente più disorientata; sentono la scuola meno vicina alle loro esigenze, è una scuola ancora lenta, noiosa rispetto ai social che hanno una comunicazione più veloce, questo è lo scollamento che c’è.