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Dott.ssa Emilia Battaglia

Biologa nutrizionista

La dott.ssa Emilia Battaglia è una Biologa nutrizionista. Da più di 10 anni si occupa di salute al femminile, gravidanza, alimentazione pediatrica ed in età evolutiva. Esperta in alimentazione vegetale e benessere intestinale. Quotidianamente segue donne, bambini/e e famiglie che decidono di prendersi cura della loro salute e mangiare in maniera consapevole senza privazioni adottando uno stile alimentare che rispetti i propri gusti e le proprie esigenze.

Dottoressa, ci può spiegare cosa si intende per svezzamento e quando è consigliato farlo?

Lo svezzamento, o meglio “alimentazione complementare a richiesta” è il processo graduale attraverso cui si introducono alimenti solidi nella dieta del bambino, affiancando il latte materno o artificiale. Le raccomandazioni dell’OMS suggeriscono di iniziare lo svezzamento intorno ai sei mesi, ma è importante valutare anche la prontezza del bambino. Segnali come la capacità di stare seduto con supporto, l’interesse verso il cibo e la capacità di portarlo alla bocca, indicano che il bambino è pronto. È essenziale non avere fretta e rispettare i tempi del piccolo, creando un’esperienza piacevole e senza forzature.

Come può una mamma integrare al meglio lo svezzamento con l’allattamento?

L’allattamento, sia materno che con formula, resta una parte centrale dell’alimentazione del bambino anche durante lo svezzamento. L’introduzione dei cibi solidi non deve sostituire l’allattamento, ma piuttosto integrarlo. Il latte continua a fornire nutrienti importanti e rappresenta una fonte di conforto per il piccolo. Idealmente, i cibi solidi possono essere offerti, durante i primi pasti non troppo tempo dopo le poppate, lasciando al bambino il tempo di esplorare nuovi sapori senza pressione, senza fame eccessiva e senza stanchezza. Un passaggio graduale permette al bambino di adattarsi e la mamma può continuare a allattare per tutto il tempo che lo desidera sia al seno che artificialmente, in accordo con i bisogni del bambino. Questo equilibrio tra solidi e latte facilita una transizione serena, senza creare un distacco brusco.

Che differenza c’è tra svezzamento classico e autosvezzamento?

Lo svezzamento classico prevede l’introduzione di alimenti sotto forma di puree o pappe, con un progressivo aumento delle consistenze. Gli alimenti vengono spesso proposti in sequenza, partendo da verdure o cereali, poi proteine, rispettando una tempistica predefinita. L’autosvezzamento, invece, permette al bambino di partecipare ai pasti familiari sin da subito, mangiando gli stessi alimenti (con le dovute accortezze) in pezzi adatti alla sua età. Il bambino decide quanto mangiare, sviluppando così autonomia nel regolare il proprio appetito. Entrambi gli approcci hanno l’obiettivo di rendere il bambino più indipendente nell’alimentazione, ma con modalità diverse.

Può illustrarci i benefici e i limiti di entrambi?

Lo svezzamento classico è apprezzato perché consente ai genitori di controllare meglio l’apporto nutrizionale, scegliendo alimenti specifici e lavorando gradualmente sulle consistenze. Può essere utile per mamme e papà che preferiscono una guida strutturata. Tuttavia, alcuni bambini potrebbero non apprezzare le pappe, preferendo cibi più solidi. Uno dei limiti dello svezzamento classico è rappresentato dai cosiddetti “crono-inserimenti”, che prevedono l’introduzione graduale di alimenti seguendo uno schema rigido e predefinito, dove i cibi vengono introdotti in fasi specifiche. Questa pratica, pur diffusa in passato, non è più considerata necessaria dalla comunità scientifica. Studi recenti dimostrano che non c’è bisogno di seguire un calendario rigido, poiché l’introduzione precoce e variegata degli alimenti, compresi quelli potenzialmente allergenici, non solo non aumenta il rischio di allergie ma può addirittura contribuire a ridurlo. Inoltre seguendo  uno schema troppo rigido, si rischia di limitare l’opportunità per il bambino di esplorare spontaneamente una varietà di cibi. La rigidità delle consistenze, che iniziano spesso con puree e passati molto lisci, può portare ad un’esposizione ritardata a consistenze più solide, influenzando lo sviluppo della masticazione e, in alcuni casi, favorendo una selettività alimentare.

L’autosvezzamento favorisce lo sviluppo della motricità fine e aiuta il bambino a scoprire autonomamente le proprie preferenze alimentari. Può rendere il momento del pasto più interattivo e divertente per tutta la famiglia, favorendo la partecipazione ai pasti condivisi. Tuttavia, richiede una grande attenzione nella scelta e preparazione degli alimenti (sempre sottoforma di tagli sicuri) e non tutti i genitori si sentono a proprio agio nel seguire questo approccio.

Esiste anche una forma mista tra le due tipologie?

Sì, molti genitori adottano un approccio misto, combinando elementi di entrambe le modalità. Possono iniziare con puree e gradualmente offrire alimenti solidi più consistenti, incoraggiando il bambino a partecipare ai pasti familiari. Questo approccio può essere meno rigido e permettere ai genitori di seguire il ritmo del proprio bambino, adattandosi alle sue preferenze e alle esigenze della famiglia. Anche in questo caso, la chiave è la flessibilità: non esiste un unico metodo valido per tutti, e ogni bambino è diverso.

Secondo lei i genitori su che criteri possono basare la loro scelta?

La scelta del tipo di svezzamento dovrebbe dipendere da vari fattori: il temperamento del bambino, le esigenze della famiglia e il comfort dei genitori. È importante sentirsi a proprio agio con l’approccio scelto e non sentirsi sotto pressione. Alcuni bambini rispondono meglio a un approccio strutturato, mentre altri sono più indipendenti e curiosi. Alla base di ogni scelta ci dovrebbe essere il rispetto per i tempi e le esigenze del bambino, senza fretta e senza forzature. È fondamentale che il pasto sia un momento sereno e piacevole, in cui il piccolo possa esplorare il cibo e imparare gradualmente ad apprezzarlo, senza sentirsi costretto o giudicato. Oggi, l’approccio più condiviso dalla comunità scientifica è quello di un’alimentazione varia, dove i cibi vengono introdotti in modo flessibile, rispettando il ritmo e la curiosità del bambino, senza dover necessariamente seguire tappe prestabilite.

In sintesi, non esiste una risposta “giusta” o “sbagliata”. Ogni famiglia può trovare il proprio equilibrio, e qualsiasi sia l’approccio scelto, ciò che conta è che il bambino viva questa fase come un’esperienza positiva e di crescita.